Il libro “Lontano dalla vita degli altri”, scritto da Giovanna Canzi e illustrato da Gabriella Giandelli, ci invita a esplorare un mondo spesso trascurato: quello degli istituti penitenziari. Con una narrazione che unisce parole incisive e immagini evocative, le autrici ci offrono uno spaccato della vita quotidiana di uomini e donne che, per vari motivi, sono stati allontanati dalla società. La prefazione di Laura Bosio sottolinea l’intensità delle storie raccontate, che, pur essendo scabre e dense, sono portatrici di umanità. La scrittura di Canzi trasmette una profonda empatia, mentre i disegni di Giandelli catturano la malinconia dei luoghi e delle persone, creando un affresco complesso in cui dolore e speranza si intrecciano.
Le case circondariali, spesso ai margini delle città, diventano non solo contenitori di persone, ma anche spazi di oppressione e isolamento. In questi luoghi, il tempo sembra essersi fermato, e le vite che si svolgono al loro interno si muovono in un limbo di privazione. Le strutture penitenziarie, vicine a discariche, simboleggiano una società che tende a seppellire ciò che non può o non vuole affrontare. Lontano dalla vita degli altri, i detenuti vivono una realtà che li separa da tutto ciò che è familiare, ma la loro esistenza continua a pulsare, cercando vie di fuga e riscatto.
La scuola rappresenta una delle poche possibilità di redenzione per i detenuti, come evidenziato da Corrado Cosenza nella postfazione. Presente nelle carceri italiane fin dal 1891, la scuola è un’opportunità che non sempre è accessibile a tutti. Canzi ci introduce ai suoi studenti, uomini e donne che, nonostante le loro storie, desiderano imparare e migliorarsi. Le sue narrazioni sono istantanee che ritraggono non solo il detenuto, ma anche l’intera umanità che lo circonda, creando un legame profondo tra insegnante e studente.
Le illustrazioni di Gabriella Giandelli danno un volto a queste storie di vita. I suoi disegni sono finestre su esistenze che faticano a emergere, raccontando di sogni infranti e speranze tangibili. Il termine “sognare”, evocato da Danilo Dolci, diventa fondamentale in questo contesto, poiché è attraverso il sogno che i detenuti possono trovare una via d’uscita dalla loro condizione. Sognare significa essere riconosciuti nella propria umanità e non ridotti al solo reato per cui sono stati condannati.
Le storie di Canzi e le immagini di Giandelli ci invitano a riflettere su un aspetto cruciale: chi sono realmente queste persone? Sono più di quello che la società decide di farci credere. Il male, come evidenziato nel libro, non è estraneo a noi, ma fa parte di una dimensione condivisa e complessa della nostra esistenza. Allontanare i detenuti dalla nostra coscienza significa negare una parte di noi stessi, delle nostre paure e fragilità.
Entrare in un carcere significa abbandonare pregiudizi e luoghi comuni, avvicinandosi a un mondo intriso di emozioni e storie che meritano di essere ascoltate. Le vite raccontate da Canzi non sono solo statistiche, ma storie di persone che, come noi, hanno amato, sognato e sofferto.
In un’epoca in cui il carcere è visto come un luogo di punizione, “Lontano dalla vita degli altri” ci invita a vedere oltre le sbarre, a riconoscere la dignità e l’umanità di chi vive in queste strutture. La via del riscatto può passare attraverso l’istruzione, l’arte e la comprensione, ma richiede un cambio di prospettiva da parte di tutti noi. Le mura del carcere non devono diventare un muro tra le persone, ma un punto di partenza per una riflessione profonda sul senso di giustizia, di riabilitazione e di comunità.
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