Recenti scoperte archeologiche in provincia di Salerno hanno portato alla luce impronte di esseri umani e animali in fuga da un’eruzione vulcanica catastrofica risalente all’età del Bronzo. Questi ritrovamenti, emersi durante i lavori di potenziamento del metanodotto della Snam “Diramazione Nocera-Cava dei Tirreni”, hanno catturato l’attenzione di archeologi e storici, offrendo una visione unica di un momento drammatico della storia locale.
Le indagini archeologiche, condotte da Sogearch sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino, sono durate circa due anni e hanno coinvolto i comuni di Nocera Superiore, Nocera Inferiore, Roccapiemonte e Castel San Giorgio. Durante queste ricerche, gli archeologi hanno rinvenuto impronte nei pressi del torrente Casarzano, rimaste impresse nei depositi piroclastici delle eruzioni del monte Somma-Vesuvio. Questo ritrovamento rappresenta una testimonianza toccante della corsa disperata degli abitanti di fronte all’irruenza del vulcano.
testimonianze di fuga
Le impronte rivelano una fuga di uomini, donne e bambini, alcuni a piedi nudi e altri con semplici calzari, accompagnati dai loro animali. Questo scenario drammatico offre un’immagine vivida di come le comunità antiche affrontassero le catastrofi naturali, mettendo in luce non solo la loro vulnerabilità, ma anche la determinazione e la solidarietà che animavano queste popolazioni.
un villaggio tra bronzo e ferro
La datazione di questi ritrovamenti colloca il villaggio che si estendeva in quest’area tra la fine dell’età del Bronzo e l’inizio dell’età del Ferro, circa tra il 1200 e il 900 a.C. Le fondazioni in terra delle capanne rinvenute, insieme a numerosi frammenti di ceramica, testimoniano l’esistenza di una comunità organizzata, probabilmente dedita all’agricoltura e all’allevamento. Questo contesto permette agli archeologi di formulare ipotesi sulle pratiche quotidiane e le relazioni sociali di queste antiche popolazioni.
scoperte significative
Un altro ritrovamento significativo è quello di un santuario extraurbano, databile preliminarmente tra il III e il II secolo a.C., situato in prossimità di Nuceria Alfaterna. Questo luogo di culto, localizzato lungo una importante arteria viaria, suggerisce l’esistenza di pratiche religiose complesse e di una società che attribuiva grande importanza alla spiritualità. Tra i reperti rinvenuti, si distinguono manufatti ceramici che potrebbero essere stati offerti come ex voto, utili per capire le pratiche cultuali e le divinità venerate in questo santuario.
Inoltre, il sito ha restituito un gruppo di sepolture risalenti al periodo di transizione tra l’età romana e la tarda antichità. Queste sepolture, realizzate in fosse rivestite e coperte con lastroni di tufo, rivelano dettagli interessanti, come decorazioni incise, e appartengono prevalentemente a bambini, accompagnati da corredi essenziali. Questi ritrovamenti forniscono indizi preziosi sulla vita e sulla morte delle persone di quel tempo, nonché sulle credenze riguardanti l’aldilà.
Un altro gruppo di tombe è stato rinvenuto all’interno di una delle ville rustiche romane, suggerendo la continuità della vita in questo territorio anche dopo l’epoca del Bronzo. Le evidenze archeologiche indicano che l’area era un importante centro abitato, ricco di attività economiche e scambi culturali. La varietà dei reperti rinvenuti, compresi strumenti di lavoro e oggetti di uso quotidiano, permetterà di arricchire la nostra comprensione delle dinamiche sociali ed economiche di questo periodo storico.
I risultati di queste straordinarie scoperte saranno presto presentati al pubblico attraverso una mostra dedicata e una pubblicazione scientifica, offrendo a studiosi e appassionati la possibilità di esplorare più a fondo la storia di una comunità che, secoli fa, si trovò a fronteggiare la potenza della natura. Questi ritrovamenti non solo evidenziano l’importanza di preservare e valorizzare il patrimonio archeologico, ma anche la necessità di riflettere su come le civiltà antiche si siano adattate e abbiano risposto alle sfide ambientali. La narrazione di queste impronte nel fango diventa così un potente simbolo di resilienza e umanità, un legame tra passato e presente che continua a parlare a noi oggi.