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Segreti e scandali: l’ereditiera canadese e i pizzini di lo piccolo

Al centro di un intricato intreccio di mafia, affari e legami familiari emerge la figura di Salvatore Mario Lo Piccolo, noto con il soprannome di “il presidente”. A sessantasei anni, questo palermitano vive un’epoca di tumulto e controversie, la cui storia si intreccia con quella di una donna canadese, ereditiera di un terreno a Cardillo, e di un imprenditore genovese, Silvano Gabriele. Entrambi sono coinvolti in un caso che riporta alla luce le ombre del crimine organizzato in Sicilia.

Lo Piccolo, già condannato per mafia, è tornato al centro dell’attenzione dopo il blitz della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Genova. Le autorità liguri hanno accusato Lo Piccolo di intestazione fittizia aggravata, un reato che mette in discussione la legittimità della proprietà di un terreno a Cardillo, un’area di Palermo da tempo sotto il controllo della mafia di San Lorenzo, la quale porta lo stesso cognome di Salvatore Mario.

L’inizio della storia

L’inizio di questa storia risale al 2015, anno in cui Lo Piccolo, dopo aver scontato la sua condanna, si trasferisce a Genova, stabilendosi nella sede della Due Esse srl, una delle aziende di trasporti di Silvano Gabriele. Nonostante fosse sottoposto a libertà vigilata e avesse l’obbligo di soggiorno, Lo Piccolo trova un modo per inserirsi nel tessuto imprenditoriale genovese. La sua assunzione presso la Due Esse, seguita da quella della figlia, ha sollevato molteplici interrogativi riguardo alla regolarità di tali assunzioni. Ad alimentare i sospetti, vi è anche la presenza di Mario Biondo, noto come “camion”, anch’egli condannato per mafia, che ha lavorato per un periodo nella stessa azienda.

Le connessioni mafiose

Il soprannome “il presidente” deriva dalla sua precedente carica in un consorzio di trasportatori, attivo nel porto di Palermo, un’epoca ormai lontana segnata da arresti e indagini che hanno spazzato via gran parte delle sue attività. Da quel momento, Lo Piccolo ha visto confiscati i suoi beni, compresi l’azienda e i mezzi di trasporto.

Nel 2018, Gabriele ha manifestato l’intenzione di espandere i suoi affari a Palermo e ha fatto affidamento su Lo Piccolo per entrare in contatto con Calogero Lo Piccolo, figlio e fratello di due boss mafiosi ergastolani. L’obiettivo era quello di ottenere un capannone a Carini. Secondo le accuse, Gabriele avrebbe cercato di utilizzare la sua società per intestare fittiziamente alcuni terreni, evitando le misure di prevenzione già attuate dalle autorità.

La questione del terreno

Il terreno in questione ha una storia particolare. Situato in contrada Cardillo, tra le vie Moncenisio e Monte Bianco, era parte dell’eredità di una donna canadese. Il suo valore di mercato, stimato oltre gli 80 mila euro, è stato venduto per soli 30 mila euro. L’uomo che aveva ricevuto la procura per effettuare la vendita ha deciso di ritirarsi, temendo le conseguenze di un affare con i “cagnacci”, un chiaro riferimento alla mafia.

Le comunicazioni tra Salvatore Mario Lo Piccolo e il giovane boss Sandro Lo Piccolo, avvenute tramite pizzini sequestrati durante un’operazione di polizia nel 2007, rivelano ulteriori dettagli sull’operazione. In uno di questi messaggi, Lo Piccolo menziona la necessità di prendere una decisione riguardo al terreno, sottolineando l’importanza della consultazione con il “fratellone”, Calogero.

Nel 2018, la questione è tornata alla ribalta in concomitanza con una proposta di variante urbanistica che avrebbe reso edificabili i terreni di Contrada Cardillo, consentendo la realizzazione di infrastrutture sportive, come campi di calcio e calcetto. Tuttavia, l’iniziativa non si è mai concretizzata, lasciando in sospeso il futuro dell’area e la questione dell’intestazione fittizia.

Le indagini attuali hanno messo in evidenza un sistema di connivenza tra mafia e affari, in cui le figure di Salvatore Mario Lo Piccolo e Silvano Gabriele giocano ruoli chiave. La storia di questi legami, che affondano le radici nella criminalità organizzata, è emblematica di una realtà che continua a minacciare la legalità e la sicurezza economica nelle regioni colpite dalla mafia. La lotta contro la mafia, quindi, non è solo una questione di arresti, ma richiede un’analisi profonda delle relazioni che intercorrono nel mondo degli affari e nella società. La vicenda dei pizzini e delle intestazioni fittizie è solo un capitolo di una storia più ampia che continua a scriversi.

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