La vicenda che ha scosso la diocesi di Piazza Armerina ha assunto toni sempre più gravi e complessi, coinvolgendo non solo il prete condannato Giuseppe Rugolo, ma anche figure di spicco come il vescovo Rosario Gisana e il vicario giudiziale della diocesi, monsignor Vincenzo Murgano. Entrambi sono attualmente sotto indagine per falsa testimonianza dalla Procura di Enna, dopo aver reso dichiarazioni che ora si sospetta possano essere state ingannevoli sia durante le indagini che nel corso del processo per il caso di Rugolo, condannato in primo grado a 4 anni e mezzo per violenza sessuale aggravata a danno di minori.
La condanna di Rugolo ha messo in luce una serie di omissioni da parte della Curia, rappresentata dal vescovo Gisana. Nella sentenza, i giudici hanno evidenziato come Gisana non abbia intrapreso alcuna azione concreta per proteggere i minori della comunità, nonostante avesse l’obbligo di farlo. Questa mancanza di iniziativa ha facilitato la condotta predatoria di Rugolo, già segnalato in precedenza per comportamenti inappropriati. Le parole dei giudici sono pesanti e hanno riacceso le polemiche, già presenti da tempo, sulla gestione dei casi di abusi all’interno della Chiesa.
A seguito di questa condanna, l’avvocato Eleanna Parasiliti, che rappresenta la vittima di Rugolo, ha presentato un esposto per richiedere ulteriori indagini sulle presunte omissioni della Curia. Questo ha portato la Procura a notificare un avviso di conclusione delle indagini a Gisana e Murgano, che ora hanno la possibilità di presentare memorie difensive o richiedere di essere interrogati.
In un contesto giuridico complesso, il Tribunale ha dichiarato la Curia di Piazza Armerina “responsabile civile” e quindi obbligata a risarcire la vittima. Tuttavia, sia Rugolo che la Curia hanno presentato ricorso in appello. Gabriele Cantaro, avvocato del vescovo Gisana, sostiene che la Curia, essendo priva di personalità giuridica, non possa essere considerata responsabile civilmente, un’affermazione che ha sollevato ulteriori polemiche.
La denuncia contro Rugolo risale al 2020, quando la vittima si è rivolta alla polizia dopo aver temuto che la Chiesa non avrebbe preso provvedimenti adeguati. La giovane aveva già parlato della sua situazione con altri sacerdoti e con lo stesso Gisana nel 2018, ma il procedimento avviato si era chiuso senza conseguenze, poiché gli abusi erano avvenuti quando Rugolo era ancora seminarista. Questo ha sollevato interrogativi sulla reale efficacia dei meccanismi interni di protezione e giustizia all’interno della Chiesa.
Negli ultimi mesi, la situazione è degenerata. Un gruppo di fedeli ha iniziato a chiedere le dimissioni di Gisana, spinti dalle motivazioni della condanna di Rugolo che evidenziano la corresponsabilità del vescovo. Le dichiarazioni dei giudici, in particolare, hanno messo in luce una condotta “coscientemente colposa” da parte di Gisana, il quale avrebbe autorizzato Rugolo a continuare le sue attività nella comunità, creando così occasioni di contatto con giovani adolescenti.
Un aspetto inquietante della vicenda è emerso dalle intercettazioni, in cui Gisana è stato sentito dire a Rugolo di aver “insabbiato questa storia”, riconoscendo di aver nascosto situazioni compromettenti. Queste affermazioni hanno sollevato interrogativi sull’operato del vescovo e sulla cultura del silenzio che spesso caratterizza tali vicende all’interno della Chiesa.
In un contesto di crescente tensione, è interessante notare che, un anno fa, Papa Francesco espresse sostegno a Gisana, definendolo un “bravo vescovo” e affermando che era stato “perseguitato” e “calunniato”. Questa dichiarazione ha sollevato ulteriori polemiche, poiché molti fedeli e vittime di abusi si sentono abbandonati e non adeguatamente tutelati dalla Chiesa.
La situazione attuale mette in evidenza non solo la gravità degli abusi sessuali all’interno della Chiesa, ma anche la necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità da parte di chi ricopre ruoli di potere. La vicenda di Rugolo e Gisana è emblematicamente rappresentativa di un sistema che, per troppo tempo, ha favorito il silenzio e la protezione dei colpevoli a scapito dei diritti e della dignità delle vittime. La comunità di Piazza Armerina è ora in attesa di chiarimenti e giustizia, mentre la fiducia nei vertici ecclesiastici continua a vacillare.
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