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Scandalo giudiziario a catania: calunnie e sconti di pena nel mirino del procuratore ferrotti

Nella recente sentenza della Corte d’Appello di Catania, presieduta dalla giudice Maria Paola Cosentino, è stata decisa una significativa riduzione della pena per l’ex parlamentare Vladimiro Crisafulli e il professore Augusto Sinagra, entrambi condannati per calunnia nei confronti dell’ex procuratore di Enna, Calogero Ferrotti. La pena, inizialmente fissata a due anni, è stata abbassata a 1 anno e 4 mesi, con la condizionale sospesa. Inoltre, il pagamento provvisionale a favore di Ferrotti è stato ridotto da 10.000 a 3.000 euro per ciascuno degli imputati.

il contesto della vicenda

La vicenda risale al novembre 2015, quando Crisafulli e Sinagra furono accusati di aver presentato esposti calunniosi contro Ferrotti in relazione a un’inchiesta riguardante l’istituzione di una facoltà di Medicina a Enna, affiliata all’Università Dunarea de Jos di Galati, in Romania. Questa facoltà era stata al centro di controversie e aveva sollevato numerosi interrogativi sulla legittimità delle sue attività. Crisafulli, in qualità di legale rappresentante della società Fondo Proserpina, si trovò coinvolto in una battaglia legale che avrebbe potuto influenzare non solo la sua carriera, ma anche quella di molti studenti già iscritti ai corsi di Medicina.

le accuse e le difese

Le accuse mosse a Ferrotti si basavano su presunti abusi di potere legati a un sequestro di beni all’interno dell’ospedale Umberto I di Enna, dove sarebbero dovuti iniziare i corsi di Medicina in aula remota. L’esposto presentato da Sinagra, avvocato e difensore di Crisafulli, sosteneva che il sequestro fosse illegittimo. Tuttavia, emerse che il sequestro non era stato impugnato, portando a un “giudicato cautelare”, un elemento che ha pesato notevolmente sulla valutazione dei fatti da parte della Corte.

Oltre all’accusa di abuso di potere, Ferrotti fu accusato di aver rivelato segreti istruttori. Tuttavia, si è dimostrato che le notizie relative al sequestro erano apparse solo dopo l’esecuzione del provvedimento, ridimensionando notevolmente la gravità delle accuse.

il verdetto della corte

In primo grado, il giudice monocratico Concetta Zimmitti aveva stabilito la responsabilità di Crisafulli e Sinagra, ma in appello si è registrata una certa moderazione da parte della Corte, che ha optato per una pena ridotta e ha eliminato la condizionalità legata al pagamento della provvisionale. Questo aspetto ha sollevato interrogativi, soprattutto in un contesto giuridico che cerca di garantire un equilibrio tra giustizia e proporzionalità delle sanzioni.

La sentenza ha suscitato reazioni miste tra gli addetti ai lavori, con alcuni legali che hanno sottolineato l’importanza di garantire una giusta protezione a chi denuncia abusi e il diritto di difendersi contro accuse infondate. D’altro canto, ci si interroga sul messaggio che una pena ridotta possa trasmettere in termini di deterrenza contro la calunnia, un reato che può avere conseguenze devastanti sulla reputazione e sulla vita delle persone coinvolte.

In attesa di ulteriori sviluppi, la vicenda rappresenta un caso emblematico delle tensioni presenti nel sistema giudiziario italiano, dove le accuse di calunnia possono avere ripercussioni significative e dove le sentenze possono influenzare non solo il destino degli individui coinvolti, ma anche l’opinione pubblica e la fiducia nelle istituzioni. Se da un lato si celebra la riduzione della pena come un segno di giustizia, dall’altro si resta in attesa di un approfondimento su come questi eventi possano incidere sul futuro delle relazioni tra i cittadini e il sistema legale.

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