Roberto Andò torna a far parlare di sé con il suo nuovo romanzo, “Il coccodrillo di Palermo”, pubblicato dalla Nave di Teseo. Questa opera si colloca nell’ambito di una narrazione d’indagine, affrontando temi complessi e profondi attraverso la storia di Rodolfo Anzo, un documentarista che ritorna a Palermo, la città delle sue origini. La narrazione di Andò è intrisa di riflessioni esistenziali che richiamano alla mente le celebri parole di Amleto: “Morire, dormire. Dormire, forse sognare.”
Il protagonista, Anzo, si confronta con il peso della memoria e del passato mentre esplora una città avvolta nella nebbia della morte e del disfacimento. Palermo, con il suo “Trionfo della morte” e la tradizione del giorno dei morti, diventa non solo lo sfondo della storia, ma un vero e proprio personaggio che interagisce con Anzo nel suo percorso di scoperta. La narrazione si apre con l’inaspettato invito di una vicina, che lo informa della porta della casa dei suoi genitori, chiusa da dieci anni, scassinata. Questo evento lo costringe a confrontarsi con la scomparsa dei suoi genitori e con il vuoto che ne deriva.
Mentre si immerge in questa indagine, Anzo si trasforma in un investigatore, cercando di scoprire il legame tra le persone coinvolte nelle intercettazioni e suo padre. Ogni incontro diventa un tassello di un puzzle complesso, rivelando segreti e storie nascoste. La sua ricerca lo conduce a contattare figure significative della vita del padre, come un ex amante, una figlia e un poliziotto sospettato di collusione con la mafia. Ogni personaggio rappresenta un aspetto della vita e della cultura palermitana, riflettendo le ambiguità e le contraddizioni di una città che è al contempo affascinante e inquietante.
Il romanzo offre anche una meditazione profonda sul concetto di identità e di appartenenza. Anzo si confronta con il suo passato e con le sue origini, mentre Palermo emerge come un luogo di dualità: una bellezza che coesiste con la decadenza. Andò utilizza la figura di Thomas Bernhard per esprimere la complessità della realtà palermitana. Come afferma il lettore Roberto Alajmo, “È una città in cui l’eroismo consiste nel tornare – casomai, quando oramai pensavamo di essere in salvo – per cercare di disinnescarla.”
Un elemento chiave del romanzo è la questione della verità. Anzo si trova a inseguire non solo la verità sulla vita del padre, ma anche una verità più profonda relativa a se stesso e alla sua esistenza. La morte del padre, avvolta nel mistero e nell’ambiguità, rappresenta un punto cruciale della narrazione: è un suicidio, un omicidio o una morte naturale? Questa incertezza riflette l’essenza della vita, che si evolve in un processo continuo di apprendimento e accettazione.
La scrittura di Andò è caratterizzata da una prosa evocativa e poetica, capace di trasmettere la bellezza e la tragicità della vita. La luce di Palermo, che “procede dalla trasparenza verso l’opacità”, diventa un simbolo della ricerca umana di significato e della lotta contro l’inevitabile oscurità. Attraverso la sua narrazione, Andò invita il lettore a riflettere sulla propria esistenza, sul significato del passato e sull’importanza della memoria.
In “Il coccodrillo di Palermo”, Roberto Andò riesce a creare un affresco complesso di una città e dei suoi abitanti, unendo elementi di indagine e introspezione in una storia che si snoda tra il reale e l’onirico. La sua capacità di esplorare le profondità dell’animo umano, insieme alla sua visione incisiva della realtà, rende questo romanzo un’opera imperdibile per chiunque desideri comprendere il rapporto tra identità, memoria e luogo. La ricerca di Anzo diventa così una metafora della vita stessa, un viaggio che ci porta a esplorare le nostre origini, le nostre paure e le nostre speranze.
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