La Regione Sicilia si appresta a intraprendere una riforma della dirigenza pubblica attesa da oltre venticinque anni. Questo cambiamento si propone di sostituire la legge 10 del 2000, ormai considerata obsoleta e inadeguata. La riforma, definita da alcuni come una “mini rivoluzione”, ha l’obiettivo di riorganizzare il sistema dirigenziale, affrontando le problematiche legate alla normativa attuale.
la situazione attuale della dirigenza regionale
La dirigenza regionale è attualmente suddivisa in tre fasce, ma presenta un significativo vuoto:
1. La prima fascia è pressoché vacante.
2. La seconda conta pochi dirigenti.
3. La maggior parte degli oltre 650 dirigenti appartiene alla terza fascia.
La proposta di riforma prevede l’istituzione di un ruolo unico, dal quale il governo potrà attingere per le nomine dei direttori generali e dei responsabili dei vari servizi. Questa novità è fondamentale per garantire un processo di selezione più trasparente e meritocratico, attraverso l’introduzione di concorsi pubblici.
il percorso verso la riforma
Il percorso per l’approvazione della riforma è già in fase avanzata. La commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale, sotto la presidenza di Ignazio Abbate, ha accelerato l’esame del testo di legge depositato dal governo Schifani lo scorso luglio. Durante le audizioni, è emersa una richiesta da parte di alcuni sindacati di mantenere due fasce: una per i dirigenti attuali e una per quelli che verranno assunti tramite concorso. Abbate ha evidenziato l’importanza di concludere l’esame della legge entro il 14 gennaio, ma ha anche espresso preoccupazione per il rischio di impugnativa da parte del Consiglio dei ministri se le modifiche richieste venissero accolte.
le sfide della riforma
Il governo regionale è motivato a portare a termine la riforma in tempi brevi, considerando che tra febbraio e marzo scadranno i contratti degli attuali dirigenti generali. La legge vigente presenta limiti che complicano la possibilità di effettuare nuove nomine, come evidenziato dalla Corte dei conti. Inoltre, si prevede che nei prossimi due o tre anni circa la metà degli attuali dirigenti andrà in pensione, rendendo urgente una revisione dell’intero sistema dirigenziale.
La situazione attuale è critica: l’organico dei dirigenti della Regione è drasticamente diminuito, passando da 2.500 a circa 650 unità. Questa riduzione ha portato a un accorpamento di uffici e servizi per affrontare la carenza di personale. Un’anomalia colpisce la dirigenza: quasi la metà degli attuali dirigenti ha un titolo di studio in agronomia, sollevando interrogativi sulla diversificazione delle competenze all’interno della macchina amministrativa.
Con l’introduzione della riforma, si aprirebbe una nuova fase per la pubblica amministrazione siciliana. I concorsi pubblici rappresenterebbero un’opportunità per immettere nuove professionalità e competenze, contribuendo a una riorganizzazione più efficace e moderna della dirigenza regionale. La sfida sarà attrarre figure qualificate in grado di rispondere alle esigenze di una società in continuo cambiamento e alle complessità della gestione pubblica.
In questo contesto, è fondamentale che il governo regionale ascolti le istanze dei sindacati e dei dirigenti, cercando un equilibrio tra le necessità di riforma e le legittime aspettative di chi già opera all’interno dell’amministrazione. La riforma della dirigenza è, quindi, non solo un atto amministrativo, ma anche un’opportunità per rilanciare l’efficienza e l’efficacia della Regione Siciliana, puntando a una governance che sappia rispondere alle sfide del presente e del futuro. La questione dirigenziale è centrale per garantire servizi pubblici di qualità e costruire una Regione in grado di competere e crescere in un panorama sempre più globalizzato.