Una serata di ottobre a Mondello, una delle località balneari più rinomate di Palermo, si trasforma in un incubo per due donne. Era il 11 ottobre di due anni fa quando, intorno alle 19:00, una colf che lavorava in cucina per una famiglia di imprenditori si trovò faccia a faccia con un rapinatore. L’uomo, travisato con un passamontagna e guanti, si era introdotto nella villa scavalcando una finestra. “Siamo della Dia”, dichiarò, ingannando la donna con un’affermazione falsa che lasciava presagire l’arrivo di agenti della Direzione Investigativa Antimafia. Ma dietro quella maschera di autorità si celava un criminale.
In pochi istanti, la situazione si trasformò in un violento assalto. La colf, colpita al volto, e la padrona di casa furono rinchiuse nella stanza degli ospiti, le mani legate con fascette di plastica. La paura era palpabile mentre sentivano i ladri rovistare freneticamente tra armadi e cassetti, alla ricerca di un bottino che si rivelò ingente. Alla fine, i malviventi riuscirono a portare via un bottino di circa 40 mila euro, comprendente:
L’analisi delle indagini ha rivelato che i rapinatori erano arrivati a bordo di una Lancia Y. Tuttavia, le telecamere di sicurezza non erano riuscite a catturare il numero di targa del veicolo, complicando le indagini. La polizia della squadra mobile si è quindi concentrata sull’analisi dei cellulari attivi nella zona durante l’orario della rapina. Attraverso questa analisi, gli agenti hanno rintracciato il telefonino di Rosario Sarcì, un uomo di 37 anni residente a Brancaccio, che si trovava in una zona a lui poco familiare.
Le indagini hanno portato alla luce anche il nome di Sergio Giacalone, 62 anni, residente alla Zisa, e un terzo indagato rimasto a piede libero. I due uomini sono stati convocati negli uffici della squadra mobile, dove le intercettazioni hanno rivelato che i sospettati facevano riferimenti specifici alla rapina. Dettagli che, secondo l’accusa, solo gli autori del colpo avrebbero potuto conoscere.
Un elemento chiave emerso dalle indagini è stato il Dna estratto da una delle fascette di plastica utilizzate per legare le vittime. Il profilo genetico di Sarcì è risultato compatibile con quello rinvenuto sulla fascetta, un indizio che ha ulteriormente incastrato il presunto rapinatore. La Procura della Repubblica di Palermo ha così richiesto e ottenuto l’arresto di entrambi gli indagati, ai domiciliari, mentre un terzo complice continua a rimanere ignoto.
Questo episodio ha suscitato grande preoccupazione nella comunità di Mondello e nei circoli di imprenditori locali, evidenziando la vulnerabilità anche di coloro che vivono in aree considerate sicure. La villa, un simbolo di benessere e successo, si è trasformata in un luogo di terrore e vulnerabilità, un monito che la criminalità può colpire ovunque.
In conclusione, la comunità di Mondello attende con ansia che la giustizia faccia il suo corso e che i responsabili di questo crimine siano assicurati alla giustizia. Nel frattempo, il ricordo di quella serata drammatica rimane vivo nella memoria delle vittime, un triste promemoria della fragilità della sicurezza personale.
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