Nel cuore di Palermo, una mostra inaspettata offre l’opportunità di scoprire un lato inedito di Salvatore Quasimodo, il celebre poeta italiano e premio Nobel per la letteratura nel 1959. L’esposizione, intitolata “Oltre Quasimodo. Le 27 gouaches. Sapevo già tutto, e volli peccare”, è allestita presso il Museo Riso e presenta una serie di 27 opere realizzate dall’artista, che si cimentò nella pittura per caso, in un’avventura creativa che ha radici nel 1953.
La storia di queste opere inizia con un pacco misterioso. Quasimodo ricevette un dono non destinato a lui, ma al suo amico, il drammaturgo siciliano Beniamino Joppolo. Questi, all’epoca residente a Parigi, stava attraversando un periodo difficile e si trovava in una fase di crisi creativa. Lo psicologo di Joppolo gli aveva consigliato di riprendere a dipingere per ritrovare il suo equilibrio. L’amico Alberto Lùcia, poeta e sostenitore di Joppolo, si recò nello studio di Quasimodo a Milano con colori e pennelli destinati all’amico in difficoltà. Tuttavia, il poeta siciliano, affascinato da ciò che aveva davanti, decise di tenere per sé quel pacco, iniziando così un’esperienza pittorica che lo portò a realizzare una serie di gouaches astratti, utilizzando una tecnica che prevede colori a tempera opachi.
Le opere di Quasimodo, sebbene frutto di un’esperienza occasionale, rivelano una sorprendente sensibilità artistica. L’assessore regionale ai Beni culturali e Identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato, ha descritto la mostra come “preziosa”, sottolineando l’importanza di far emergere questo lato inaspettato del grande poeta. La direttrice del museo Riso, Evelina De Castro, ha evidenziato il legame tra i dipinti e il fervore culturale degli anni in cui Quasimodo operava. In quel periodo, le suggestioni dell’astrattismo cominciavano a farsi strada, mentre il poeta continuava a essere un interprete di spicco dell’ermetismo, un movimento letterario incentrato sulla ricerca di un profondo legame tra parola, immagine e intimità.
Il titolo della mostra, “Oltre Quasimodo”, è una citazione da una lettera che il poeta scrisse alla danzatrice Maria Cumani, con la quale ebbe una relazione profonda e dalla quale nacque il figlio Tommaso. In questa lettera, Quasimodo menzionava una frase tratta dal “Prometeo” di Eschilo, esprimendo le sue sofferenze fisiche e spirituali legate alla sua passione per la poesia. Il curatore della mostra ha scelto di accostare ogni opera a versi del padre che contengono la parola “cuore”, creando un dialogo tra la pittura e la poesia che arricchisce ulteriormente l’esperienza espositiva.
Le 27 gouaches, custodite per anni in un caveau di una banca tedesca, prendono ora vita nel contesto museale, offrendo ai visitatori la possibilità di riflettere su un aspetto meno noto della carriera di Quasimodo. Queste opere, pur non avendo ricevuto la stessa attenzione delle sue poesie, rivelano un’intensa esplorazione del colore, della forma e dell’emozione, elementi che caratterizzano anche la sua scrittura.
La mostra rappresenta un’occasione unica per riscoprire un artista poliedrico, la cui curiosità e sensibilità non si limitavano solo alle parole. Quasimodo, con il suo approccio istintivo alla pittura, ci invita a considerare l’arte visiva come una forma di espressione complementare alla poesia, un modo per esplorare e rappresentare il mondo interiore e le emozioni umane.
In un’epoca in cui l’arte e la letteratura spesso si intrecciano, le opere di Quasimodo ci ricordano che la creatività non ha confini e che ogni artista, anche il più noto, può sorprendere con nuove forme di espressione. La mostra al Museo Riso di Palermo non è soltanto un tributo al poeta, ma anche un invito a esplorare i molteplici modi in cui l’arte può manifestarsi, rivelando nuove dimensioni del genio creativo.
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