Parti prematuri, così la plastica influisce sull’aumento dei casi: il componente a cui fare attenzione

L’esposizione alle sostanze chimiche presenti nella plastica è legata all’aumento dei tassi di nascite pretermine. Ecco l’allarme degli scienziati.

Un recente studio condotto da ricercatori della Grossman School of Medicine della New York University ha fatto luce sui potenziali pericoli di un gruppo di sostanze chimiche che si trovano comunemente nella plastica. E hanno scoperto un nesso con il silenzioso ma preoccupante aumento delle nascite pretermine che si sta registrando in molti paesi del mondo.

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Certe sostanze chimiche sono ormai onnipresenti nel nostro habitat: quasi tutti noi occidentali ne portiamo tracce nei nostri corpi. (Arabonormannaunesco.it)

Nel mirino dei ricercatori sono finiti i prodotti in plastica che usiamo ogni giorno. Per decenni, gli ftalati sono stati aggiunti a vari articoli per la casa per ammorbidire la plastica, rendendola più flessibile e durevole. Queste sostanze chimiche sono ormai onnipresenti nel nostro habitat: quasi tutte le persone nel mondo occidentale ne portano tracce nei loro corpi. Ma ignorano i rischi per la salute a cui vanno incontro.

L’insidia nascosta nella plastica comune

A destare preoccupazione è il fatto che l’esposizione agli ftalati è stata collegata a una serie di problemi di salute, dal rischio di cancro infantile al calo della fertilità. L’ultima ricerca, pubblicata su The Lancet Planetary Health, ha messo in luce una connessione particolarmente allarmante: l’esposizione agli ftalati può essere la causa principale di una nascita pretermine su dieci.

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I risultati dello studio evidenziano l’urgente necessità di normative più severe sull’uso degli ftalati nei prodotti di consumo. (Arabonormannaunesco.it)

Lo studio, che ha coinvolto oltre 5.000 madri, ha analizzato campioni di urina raccolti in diverse fasi della gravidanza per misurare i livelli di 20 diversi metaboliti degli ftalati. A differenza delle ricerche precedenti, questo studio ha esaminato un gruppo eterogeneo di donne, consentendo una valutazione completa delle associazioni tra l’esposizione agli ftalati e gli esiti del parto. Dai risultati è emerso che lo ftalato più comunemente usato, il DEHP (di-2-etilesil ftalato), è associato a un significativo aumento del rischio di parto pretermine. Le madri con livelli più elevati di DEHP nelle urine mostravano circa il 50% in più di probabilità di avere un parto pretermine rispetto a quelle con livelli più bassi.

Ma l’aspetto ancor più preoccupante è che alcune sostanze chimiche recentemente introdotte come alternative al DEHP risultano essere addirittura più deleterie. Sebbene esistano alternative più sicure agli ftalati, le aziende spesso optano per soluzioni più economiche che possono comportare diversi rischi per la salute pubblica. “Questi risultati sottolineano l’importanza di regolare gli ftalati come gruppo, piuttosto che individualmente”, si legge nello studio. “Altrimenti, potremmo finire per sostituire una sostanza chimica dannosa con un’altra”. Di qui l’urgente necessità di normative più severe sull’uso degli ftalati nei prodotti di consumo.

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