Questa mattina, in viale Campania, si è svolta una cerimonia commemorativa in onore di Mario Francese, il cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia assassinato dalla mafia esattamente 46 anni fa, il 26 gennaio 1979. L’evento ha visto la partecipazione di numerosi giovani studenti, giornalisti e autorità locali, riuniti nel luogo in cui il giornalista fu ucciso a colpi di pistola mentre stava tornando a casa. Organizzata da Assostampa Sicilia, la cerimonia ha rappresentato un momento di riflessione e ricordo non solo per la figura di Francese, ma anche per il significato del suo lavoro e delle sue inchieste.
Tra i presenti, il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha sottolineato l’importanza della memoria collettiva nella lotta contro la mafia. Al suo fianco, autorità come il questore Vito Calvino, il presidente dell’Anm di Palermo Giuseppe Tango, e i comandanti delle forze dell’ordine, tra cui il comandante della Legione di Sicilia dei Carabinieri Giuseppe Spina e il comandante della Polizia municipale di Palermo Angelo Colucciello. La presenza di questi rappresentanti istituzionali dimostra l’impegno costante delle forze dell’ordine nella lotta contro la criminalità organizzata e l’importanza della cooperazione tra le diverse istituzioni e la società civile.
La cerimonia ha visto una partecipazione significativa di studenti provenienti da due istituti scolastici, l’Istituto Luigi Einaudi Wilfredo Pareto e l’Istituto Marconi. Questi giovani hanno avuto l’opportunità di intervenire e condividere le loro riflessioni sul lavoro di Mario Francese e sull’importanza del giornalismo nella società contemporanea. Il coinvolgimento delle nuove generazioni è fondamentale per mantenere viva la memoria delle vittime della mafia e per educare i giovani sull’importanza della legalità e della giustizia.
Dopo un minuto di silenzio in ricordo di Francese, è intervenuto Giuseppe Rizzuto, segretario regionale di Assostampa, che ha tracciato un quadro dettagliato dell’importanza delle inchieste di Mario Francese. Rizzuto ha sottolineato come le sue ricerche abbiano per la prima volta messo in luce la presenza dei Corleonesi e l’assalto alla gerarchia di Cosa Nostra, un periodo che ha segnato l’inizio della strategia del terrore negli anni ’80. Le sue parole hanno rievocato il coraggio e la determinazione di Francese nel portare alla luce verità scomode, un esempio da seguire per i giornalisti di oggi.
Un altro momento significativo è stato l’intervento di Salvo Palazzolo, cronista di Repubblica, che ha recentemente ricevuto nuove minacce. Palazzolo ha lanciato un accorato appello affinché le inchieste sulla mafia non siano più solo appannaggio dei giornalisti, ma che la responsabilità di combattere la criminalità organizzata venga condivisa con la società civile. Ha invitato i giovani presenti a prendere un taccuino e a raccontare ciò che osservano nella loro città, sottolineando che “ci serve una grande partecipazione per far sì che quello che è successo negli anni ’80 non accada più”. Ha anche evidenziato la necessità di rimanere vigili, in un momento in cui alcuni boss scarcerati potrebbero cercare di reinserirsi nella società.
Solidarietà a Palazzolo è stata espressa anche da Giulio Francese, figlio del giornalista assassinato, che ha condiviso un ricordo personale del padre. “I giornalisti che fanno bene il loro lavoro vengono minacciati da quella mafia che oggi non sembra più tanto visibile, ma che in realtà è presente”, ha dichiarato Giulio, richiamando l’attenzione sul fatto che la lotta contro la mafia è ancora lungi dall’essere vinta. La sua testimonianza ha aggiunto un ulteriore livello di emozione alla cerimonia, collegando il passato di Mario Francese con la realtà attuale del giornalismo in prima linea nella lotta alla criminalità.
La cerimonia si è conclusa con un forte senso di unità e determinazione, riunendo non solo i professionisti del settore, ma anche i giovani e la comunità, tutti impegnati a mantenere vivo il ricordo di Mario Francese e a continuare la sua lotta per la verità e la giustizia. L’eredità di Francese non è solo quella di un giornalista, ma di un simbolo di resistenza contro la mafia, un faro per le generazioni future che si trovano a fronteggiare le sfide di un contesto sociale e politico complesso e a volte minaccioso.
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