Sono passati ventuno anni da quel tragico 12 novembre 2003, una data che ha segnato in modo indelebile la vita di molte persone, in particolare della famiglia Intravaia. Marco Intravaia, oggi deputato regionale, ricorda con una lucidità sorprendente il momento in cui ha appreso della morte di suo padre, Domenico Intravaia, vicebrigadiere dell’Esercito Italiano, vittima della strage di Nassiriya, dove persero la vita 28 italiani, di cui 17 erano militari. “Ero a scuola, al liceo, e alla mia compagna di banco arrivò un messaggio che la informava di un attentato al contingente italiano. Chiamai casa molto preoccupato e non mi rispose mia madre, ma un parente; mi resi conto subito di quello che era accaduto”, racconta Marco, la cui voce tradisce una commozione profonda.
La commemorazione di quest’anno ha avuto inizio con una serie di cerimonie a Monreale, il paese natale di Domenico, e a Palermo. Questa mattina, hanno avuto luogo eventi significativi, durante i quali le autorità civili e militari hanno reso omaggio ai caduti. Una corona d’alloro è stata deposta sulla tomba di Domenico nel cimitero monumentale di Monreale. Queste cerimonie non sono solo un tributo a chi ha perso la vita, ma rappresentano anche un momento di riflessione collettiva su ciò che significa servire il proprio paese.
Il programma delle commemorazioni prevede anche una cerimonia a Palazzo dei Normanni e una santa messa presso la chiesa di San Giacomo dei Militari. Ma il clou delle celebrazioni si svolgerà domani all’Altare della Patria a Roma, dove le massime autorità dello Stato si riuniranno per onorare la memoria di quanti hanno dato la vita per la sicurezza e la libertà del nostro Paese. La presenza delle istituzioni in questi momenti è fondamentale per sottolineare l’importanza del sacrificio e dell’impegno di chi, come Domenico, ha servito l’Italia con onore.
Marco Intravaia parla con grande orgoglio di suo padre: “Questi sono stati anni durissimi per la mia famiglia, ma sempre vissuti con dignità e tanto orgoglio. Era un papà affettuoso, allegro e disponibile, amava il suo lavoro, la divisa che indossava e servire il suo Paese, con umiltà e senso del dovere”. In queste parole c’è un forte richiamo ai valori che ogni genitore desidera trasmettere ai propri figli. Marco si sente ora investito dalla responsabilità di insegnare ai suoi nipoti l’importanza di questi principi, affinché possano crescere con un forte senso di appartenenza e riconoscimento verso il sacrificio di un nonno che ha dato la vita per la nazione.
La relazione di Marco con il passato è caratterizzata da una sorprendente serenità. “Oggi posso dire con serenità di non odiare nessuno”, afferma, rivelando una maturità emotiva che è il risultato di anni di elaborazione di un lutto così profondo. “I terroristi che erano rimasti in vita hanno pagato con la condanna a morte in Iraq. Papà con il suo esempio silenzioso mi ha insegnato ad accettare anche i chiaroscuri che pure ci sono stati in questi anni”. In queste parole si percepisce un messaggio di speranza e di perdono, una scelta consapevole di non lasciarsi sopraffare dall’odio, ma di guardare avanti e di costruire un futuro migliore.
Marco Intravaia conclude il suo pensiero sottolineando l’importanza delle istituzioni per un servitore dello Stato: “Le istituzioni per un servitore dello Stato sono e restano i valori più alti da difendere ed onorare sempre”. Questo richiamo alle istituzioni è un invito a riflettere su quanto sia fondamentale mantenere viva la memoria di coloro che hanno sacrificato le loro vite per il bene comune e su come sia essenziale lavorare insieme per costruire un mondo più giusto e pacifico. La commemorazione della strage di Nassiriya non è solo un momento di lutto, ma anche un’opportunità per rinnovare il nostro impegno verso i valori di libertà, giustizia e pace.
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