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L’étoile italiana che illumina gli slum di nairobi con la danza

Quando si parla di danza, spesso si immaginano palcoscenici scintillanti e applausi calorosi. Tuttavia, per Alessio Carbone, un étoile veneziano di 46 anni, la danza ha assunto un significato completamente diverso. La sua recente avventura a Nairobi, nello slum di Mathare, ha trasformato la sua visione, portandolo a confrontarsi con la realtà di quaranta ragazzi che vivono in condizioni disperate. “Non avevo mai danzato in Africa e non avrei mai pensato di farlo insieme a quaranta ragazzi in una baraccopoli di Nairobi: commuovendomi, ridendo e ricevendo lezioni di vita”, racconta Carbone, visibilmente emozionato.

un cambiamento di rotta

La carriera di Carbone ha subito una svolta significativa proprio quando la pandemia ha costretto i teatri a chiudere. In quel periodo di riflessione, ha sentito il bisogno di dedicarsi a una causa più grande, utilizzando il suo talento per aiutare coloro che non hanno mai avuto la possibilità di avvicinarsi alla danza. Così, ha scoperto l’organizzazione Still I Rise, fondata da Nicolò Govoni, che ha come missione quella di offrire opportunità educative a bambini in condizioni svantaggiate in tutto il mondo.

portare la danza a mathare

La scelta di portare la danza a Mathare è stata dettata non solo dal desiderio di insegnare, ma anche dalla volontà di creare un legame umano profondo con i ragazzi. “Dopo aver messo in scena uno spettacolo per raccogliere fondi al teatro Carcano di Milano, con Nicolò abbiamo deciso di portare l’armonia e la bellezza della danza a Mathare”, spiega Carbone. Qui, tra baracche di lamiera e una quotidianità segnata da sfide inimmaginabili, ha trovato una realtà che, sebbene difficile, è ricca di sogni e speranze.

Durante la sua esperienza, Carbone ha trascorso intere giornate con i ragazzi, alcuni dei quali provenivano da campi profughi, altri costretti a vivere in un contesto di microcriminalità e violenza. “Vivendo, mangiando e dormendo con loro, prima ancora di insegnare evoluzioni improbabili per quella realtà, ho trovato sogni, purezza e voglia di riscatto”, racconta. È evidente che la danza non è solo una forma di espressione artistica, ma diventa anche un mezzo per affrontare le difficoltà della vita. “E alla fine è più quello che ho imparato di quel che ho cercato di trasmettere attraverso la danza”, ammette Carbone.

l’importanza dell’istruzione

L’organizzazione Still I Rise ha creato una realtà unica nel cuore di Nairobi, offrendo un’istruzione di alto livello a bambini che altrimenti non avrebbero accesso a tali opportunità. La scuola di eccellenza offre gratuitamente il percorso del baccalaureato internazionale, un’opportunità che rappresenta un sogno per molti. “Si tratta di una scuola che si potrebbe permettere solo lo 0,1% dei bambini privilegiati della Terra”, spiega Carbone. Questo è un passo fondamentale per formare giovani che, provenendo da contesti difficili, possono diventare il futuro del Kenya e non solo.

Carbone ha avuto l’opportunità di vedere in prima persona come la danza possa fungere da catalizzatore per il cambiamento. “Come nella danza ci si muove, si vola, si cade e si rinasce”, afferma. L’esperienza di Nairobi per lui rappresenta solo un nuovo inizio. “Sono orgoglioso di aver aperto questa porta necessaria con Still I Rise”, dice con convinzione, mentre i ricordi di quei giorni trascorsi con i ragazzi di Mathare continuano a riaffiorare nella sua mente.

Uno dei momenti più toccanti è stato l’improvvisato saggio di danza e la festa dell’ultimo giorno, dove il calore e l’affetto dei ragazzi hanno lasciato un segno indelebile nel suo cuore. “Ho ancora negli occhi il saluto dei ragazzi, lo smarrimento del mio ‘ballerino’ preferito che era stato portato lì da un orfanotrofio e non aveva nessuno che lo venisse a riprendere”, racconta con voce commossa. Per Carbone, che ha tre figli di 10, 8 e 3 anni, l’esperienza è stata anche un modo per far interagire i suoi bambini con quelli di Mathare attraverso videochiamate.

Finita questa avventura, Carbone ha intenzione di tornare al suo lavoro nelle produzioni e tournée italiane, ma il sogno non svanisce. “Il mio desiderio è di poterli portare a vivere l’emozionante esperienza a cui ho avuto il privilegio di prendere parte”, conclude, lasciando trasparire una determinazione e un amore per la danza che vanno ben oltre il palcoscenico. La danza, per Alessio Carbone, è diventata un linguaggio universale di speranza e resilienza, capace di unire mondi distanti e di dare voce a chi, fino a quel momento, era rimasto in silenzio.

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