Isole Eolie
Il sito, denominato “Isole Eolie” è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 2000, nel corso della 24a riunione del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO tenutasi a Cairns (Australia), dal 27 novembre al 2 dicembre.
DESCRIZIONE
L’isola di Lipari, conosciuta anticamente con il nome di Meligunis e, a partire dall’età greca, con quello di Lipara, è la maggiore dell’arcipelago eoliano, con un’estensione di 3.760 ettari di superficie, nonché la più popolosa. L’isola - come, del resto, tutte le Eolie - ha natura vulcanica e la sua evoluzione geomorfologica si è sviluppata lungo un intervallo di tempo di oltre un milione e cinquecentomila anni, durante il quale ben dodici vulcani sono intervenuti a modellarne la particolarissima morfologia; ancora oggi, sull’isola sono presenti fenomeni termali tipici delle aree vulcaniche. La peculiare posizione geografica dell’arcipelago eoliano, in età preistorica anche fulcro di fiorenti rotte commerciali, ha fatto sì che nel corso dei secoli le isole che lo compongono abbiano conosciuto lo stanziamento di diversi popoli (dai Siculi ai Greci, dai Romani ai Musulmani e dai Normanni agli Aragonesi), i quali hanno lasciato ampie e diffuse testimonianze materiali, alcune visitabili in loco nelle varie aree archeologiche che costituiscono il Parco Archeologico eoliano, altre conservate invece presso il Museo Regionale eoliano “Luigi Bernabò Brea” di Lipari, che documenta e illustra gli insediamenti umani e lo sviluppo delle civiltà succedutesi nell’arcipelago eoliano dalla preistoria fino all’età moderna. Lipari in particolare, insieme a Salina, conserva il più antico stanziamento antropico di tutto l’arcipelago eoliano, risalente ad età neolitica (5500-4000 a.C.) e connesso con l’abbondante presenza di ossidiana, materia vetrosa di origine vulcanica molto adoperata in età preistorica per numerose attività.
L’isola di Filicudi, con un’estensione pari a circa 950 ettari e a pianta ovale, è in realtà un grande complesso vulcanico caratterizzato dalla presenza di tre coni eruttivi ormai spenti: Fossa delle Felci (773 m.), Montagnola (333 m.) e Torione (281 m.). Di notevole interesse sono le grotte, come quelle del Maccatore, di San Bartolomeo, del Perciato (forato) e la più famosa Grotta del Bue Marino. Sembra che l’isola sia stata abitata sin dal neolitico superiore, intorno al 3.000 a.C.
Alicudi, dalla caratteristica forma conica, ha pianta pressoché circolare, con una cima che presso Monte Filo dell’Arpa raggiunge i 675 m. di altezza s.l.m. L’isola di Alicudi ha - come il resto dell’arcipelago - origine vulcanica e deve il suo nome alla diffusa presenza di Erica (da cui, in greco, prese nome di Ericusa). L’isola è la più naturale, la più selvaggia e la meno contaminata dell’arcipelago e le sue coste sono quasi tutte a picco sul mare e seguono un profilo uniforme, senza mai formare cale o punte se si eccettua la presenza di qualche piccola spiaggia. Presso Alicudi, sono state individuate le tracce di un villaggio del XVII-XVI secolo a.C., ritrovate nelle vicinanze dell’approdo e sulla parte più elevata dell’isola. Abitata sin dalla preistoria e dall’età ellenica (particolarmente importanti i ritrovamenti di tombe e corredi funerari presso Piano Fucile), l’isola è stata per molti secoli luogo di frequenti scorrerie e incursioni di pirati che, infine, costrinsero gli abitanti ad abbandonare l’isola, lasciandola disabitata sino al XVII secolo.
Panarea, la più piccola isola dell’arcipelago eoliano, insieme alle sue isolette e con i suoi scogli limitrofi - Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e Formiche - rappresenta un unicum paesaggistico nel suo genere. L’isola si presenta nel versante orientale con terrazze coltivate e in quello occidentale con alte scogliere rocciose che scendono verso il mare. Dal punto di vista geologico l’isola è la più antica delle Eolie: secondo le teorie scientifiche più accreditate, essa si sarebbe generata circa 500mila anni fa dalla dissoluzione di un unico complesso vulcanico sottomarino che, esplodendo, avrebbe anche dato vita al piccolo arcipelago degli scogli che la incornicia.
Vulcano ha una superficie di oltre 20 Km2 e riveste un notevole interesse geomorfologico e naturalistico per la sua struttura vulcanica, peraltro ancora in continua attività fumarolica. L’isola di Vulcano, il cui nome deriva dal dio romano, anticamente chiamata “Hierà”, è costituita da quattro vulcani: “Vulcanello”, alto oltre 120 m.; “Gran Cratere” o “Fossa Grande”, alto oltre 380 m., che ha un’attività limitata a delle fumarole; “Monte Saraceno”, alto oltre 481 m. e infine, a sud, il “Monte Aria”, alto circa 499 m., che rappresenta la sommità più alta di Vulcano.
L’isola di Stromboli è la più settentrionale dell’arcipelago delle Eolie e l’ultima ad essere emersa dal mare, preceduta con ogni probabilità dalla nascita di “Strombolicchio”, un piccolo vulcano distante circa un miglio dall’isola. Il cono vulcanico di Stromboli (dal greco Strombos, “rotondo”) svetta sul Tirreno con i suoi 926 m. di altezza, sormontato da un perenne pennacchio di fumi che lo rendono famoso in tutto il mondo. Stromboli è caratterizzata dalla sovrapposizione di più vulcani che hanno un’intensa e cadenzata attività esplosiva che si alterna periodicamente a eruzioni di ceneri e vapori, con frequenti gorgoglii di lava incandescente. I prodotti delle piccole ma suggestive eruzioni, precipitano senza arrecare danni lungo la “Sciara di Fuoco”, un ripido pendio detritico dal fronte di quasi mille metri, che scende a picco sul mare, dove il materiale incandescente s’inabissa tra sbuffi di vapore.
L’isola di Salina, ampia 2.680 ettari, si trova a nord ovest di Lipari. Tra le isole dell’arcipelago eoliano è la seconda per estensione e la più “verde”, oltre ad essere quella con la più antica frequentazione antropica, insieme a Lipari. Chiamata anticamente con l’appellativo di Didyme (“gemelli”), poiché formata da due rilievi apparentemente molto simili, benché di diversa altezza (il “Fossa delle Felci”, che si eleva oltre i 960 m. costituendo la cima più alta di tutto l’arcipelago e il “Monte dei Porri”, alto circa 860 m.), vanno a congiungersi nella vallata di “Valdichiesa”, dove è allocato il “Santuario della Madonna del Terzito”. Il nome attuale deriva, invece, da un laghetto salato sito in località “Punta Lingua”, che un tempo era utilizzato per l’estrazione del sale marino.