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Gioco da tavolo sulla mafia scatena controversie con autobombe

Negli ultimi giorni, l’uscita di un gioco da tavolo intitolato “La Famiglia – The Great Mafia War” ha suscitato un acceso dibattito in Sicilia e oltre. Prodotto dalla casa tedesca Boardgame Atelier, il gioco si propone di ricreare le dinamiche della guerra di mafia degli anni ’80, un periodo segnato da violenza e conflitti tra le famiglie mafiose. Con la recente traduzione in italiano e distribuzione su varie piattaforme online, il gioco ha già vinto importanti riconoscimenti, come l’As d’Or, un prestigioso premio francese dedicato ai giochi da tavolo. Tuttavia, la sua ricezione in Sicilia è stata tutt’altro che positiva, con forti critiche che ne contestano il contenuto.

Meccaniche di gioco e polemiche

La meccanica del gioco prevede che fino a quattro giocatori possano controllare sei diverse famiglie mafiose, ognuna con abilità speciali. I partecipanti competono per il dominio della Sicilia, utilizzando strumenti di gioco che includono:

  1. Autobombe
  2. L’uccisione di “soldati”
  3. La costruzione di laboratori per la droga

Questa rappresentazione ludica di attività criminali ha sollevato interrogativi etici e morali, alimentando la polemica.

Indignazione e reazioni

Il primo a esprimere la sua indignazione è stato Alessandro De Leo, un parlamentare regionale di Forza Italia, il quale ha inviato una lettera ufficiale al Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Nella sua missiva, De Leo ha definito “inaccettabile” che un fenomeno criminale, con il suo “carico di violenza e sofferenza”, venga trasformato in un gioco da tavolo. Secondo il parlamentare, tale prodotto non solo “offende la dignità dei siciliani”, ma svilisce anche l’impegno quotidiano di coloro che lottano per la legalità e la giustizia nella regione.

Le polemiche non si fermano qui. De Leo ha sottolineato la gravità della banalizzazione degli elementi violenti all’interno del gioco, criticando in particolare l’uso delle autobombe, che vengono ridotte a semplici “strumenti di gioco”. Questa semplificazione, secondo il politico, è un insulto a coloro che hanno sofferto a causa della mafia e ai tanti che continuano a combattere contro di essa.

Un dibattito più ampio

Il dibattito ha attirato anche l’attenzione di diverse associazioni e movimenti che si battono contro la mafia e per la legalità. Molti di questi gruppi si sono già mobilitati contro la commercializzazione di prodotti che, a loro avviso, banalizzano il fenomeno mafioso e i suoi effetti devastanti sulla società. La richiesta di De Leo al presidente Schifani è chiara: valutare ogni possibile azione per contrastare la diffusione di questo gioco, seguendo l’esempio di queste organizzazioni.

La questione solleva interrogativi più ampi riguardo al confine tra intrattenimento e rappresentazione della realtà. In un mondo in cui i media e i giochi da tavolo sono sempre più influenzati dalla cultura pop e dalle dinamiche sociali, è importante riflettere su come certe tematiche vengano trattate. È lecita la domanda: fino a che punto è accettabile trasformare in gioco situazioni storiche e sociali cariche di dolore e sofferenza?

In conclusione, il caso di “La Famiglia – The Great Mafia War” rappresenta un punto di partenza per una discussione più ampia sulla rappresentazione della mafia e della violenza nei giochi e nei media. La società è chiamata a riflettere su quali messaggi desidera trasmettere e su come affrontare la memoria storica, cercando un equilibrio tra intrattenimento e rispetto per le vittime di fenomeni criminali.

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