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Giancarlo giannini: perché il cinema moderno non riesce a convincerlo

Giancarlo Giannini, uno dei volti più iconici del cinema italiano, ha recentemente condiviso il suo disappunto riguardo al panorama cinematografico contemporaneo. Durante una conferenza stampa per la consegna della Stella della Mole, il celebre attore ha espresso la sua frustrazione nei confronti di un settore che sembra aver perso la sua magia e autenticità. A 82 anni, Giannini è un testimone privilegiato delle evoluzioni del cinema, avendo lavorato in alcune delle produzioni più significative dalla fine degli anni ’60 a oggi.

La conferenza, tenutasi in un contesto affollato di fotografi e giornalisti, ha messo in luce il suo stato d’animo. Con un tono di sottile irritazione, Giannini ha commentato: “Ho dormito pochissimo e sono anche un po’ nervosetto. Qui ci sono cento fotografi come ad Hollywood, che devo dire ancora?” Questo attaccamento alla tradizione e alla semplicità della vita di un attore si riflette anche nel suo approccio al cinema. Nonostante la gioia di ricevere un premio, Giannini non ha potuto fare a meno di esprimere il suo scetticismo nei confronti dei film moderni.

Il rifiuto per il cinema moderno

L’attore ha espresso il suo rifiuto per la maggior parte delle produzioni attuali, affermando che il cinema è “ormai cambiatissimo rispetto al passato”. Nonostante abbia assistito a qualche film dopo la pandemia, ha detto di non essere rimasto colpito, a eccezione di opere di registi come Steven Spielberg e Wim Wenders. I film “The Fabelmans” e “Perfect Days” sono stati le uniche eccezioni che hanno catturato la sua attenzione, segno di quanto il suo cuore appartenga a un cinema di un’altra epoca.

Nostalgia e innovazione tecnologica

Giannini ha anche affrontato il tema dell’innovazione tecnologica nel cinema moderno. Con una certa nostalgia, ha affermato: “Sono vecchio e non mi piace il cinema di oggi. Spero solo, ormai, vista l’età, di vederne ancora molto poco.” Questa affermazione non è solo un lamento, ma un richiamo a un’epoca in cui il cinema era caratterizzato da storie più semplici e fantasiose. Per Giannini, i capolavori di ieri sono in netto contrasto con le opere contemporanee, che sembrano mancare di quella “semplicità” e “fantasia” che lui considera essenziali.

Un appello alla creatività

L’attore ha anche menzionato la crisi creativa che, a suo avviso, affligge il settore. “Mi piacerebbe più rottura degli schemi”, ha affermato, sottolineando la necessità di tornare a una narrazione più umana e mistica. In un momento in cui il cinema sembra essere dominato da blockbuster e film di franchising, il suo desiderio di vedere opere che raccontano storie intime e personali è una riflessione importante su ciò che potrebbe mancare nel cinema odierno.

Giannini ha fatto riferimento a registi del calibro di Stanley Kubrick e Akira Kurosawa come esempi di artisti che sono riusciti a raccontare storie complesse e belle attraverso una lente di umanità e spiritualità. “Bisogna tornare alla semplicità di raccontare la vita in modo umano e mistico. Sì, ora che ci penso, al cinema manca anche il misticismo”, ha concluso, spingendo a riflettere su come il cinema moderno possa riscoprire questi elementi perduti.

Le dichiarazioni di Giannini non sono solo un’apologia della sua epoca d’oro del cinema, ma anche un appello a riflettere su cosa significhi realmente raccontare storie attraverso il grande schermo. Le sue parole risuonano come un invito a tutti i cineasti e a coloro che amano il cinema a interrogarsi sul valore della semplicità e sull’importanza di mantenere viva la fantasia nelle narrazioni.

In un’epoca in cui i film sono spesso concepiti per attrarre il pubblico attraverso effetti speciali e trame complicate, il richiamo di Giannini a tornare a una narrazione più genuina e umana potrebbe rappresentare una via d’uscita da un’industria che sta perdendo il contatto con le sue radici. Il suo messaggio, intriso di una saggezza che solo l’esperienza può fornire, è un invito a non dimenticare il potere del cinema di toccare il cuore e l’anima degli spettatori, un potere che, secondo lui, sembra essersi affievolito nel corso degli anni.

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