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Futurismo al di là delle etichette politiche: la visione di simongini

La discussione attorno al Futurismo, uno dei movimenti artistici più significativi del XX secolo, continua ad accendere dibattiti e controversie, specialmente in un contesto politico sempre più polarizzato. Raffaele Simongini, curatore della mostra “Il Tempo del Futurismo” presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAM-C) di Roma, ha recentemente espresso la sua opinione su questo argomento, affermando che il Futurismo non debba essere associato né alla destra né alla sinistra. Le sue parole si pongono come una difesa della libertà artistica, un tentativo di riunire piuttosto che dividere.

la posizione di simongini

Simongini inizia la sua riflessione con una chiara posizione: “Nella mia ottica non c’è alcuna volontà di legare il Futurismo alla destra o alla sinistra, perché sarebbe ingiusto nei confronti di artisti così grandi e geni”. Queste dichiarazioni giungono in un momento in cui il Futurismo, a causa delle sue origini storiche e delle sue connessioni con il regime fascista, è spesso oggetto di controversie politiche. Tuttavia, per Simongini, il movimento deve essere visto come un patrimonio culturale condiviso da tutti gli italiani, un simbolo della creatività italiana nel mondo.

la mostra e le polemiche

La mostra, fortemente voluta dall’ex ministro della Cultura Sangiuliano, è stata accolta con entusiasmo ma ha anche suscitato critiche e malumori. Durante l’inaugurazione, Simongini ha scherzato sulle polemiche che hanno circondato l’evento, citando il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, il quale era noto per aver “pagato i giornalisti per parlare male delle mostre futuriste”. Simongini afferma che, contrariamente a quanto accaduto in passato, la mostra ha ricevuto una “pubblicità gratis”, evidenziando il fatto che la controversia può talvolta alimentare l’interesse pubblico.

selezione delle opere esposte

Uno dei punti chiave della discussione riguarda la selezione delle opere esposte. Simongini chiarisce che le scelte fatte non sono il risultato di un ridotto budget, ma piuttosto di una strategia mirata. “Il budget è sempre lo stesso, ed è pubblico: 1,5 milioni di euro, IVA compresa, stanziati dal Ministero della Cultura. Poi c’è stato un contributo trasparente degli sponsor”, spiega. Le polemiche sulle opere esposte, secondo lui, derivano dalla complessità della mostra, che ha richiesto modifiche in corso d’opera. “Esibire 700 o 800 opere sarebbe stato insostenibile per il visitatore”, aggiunge.

il mercato dell’arte e le controversie

Una delle problematiche più evidenti è il rapporto tra il Futurismo e il mercato dell’arte. Simongini avverte che “il Futurismo nel mercato è diventato un business” e sottolinea come questo possa influenzare le percezioni e le interpretazioni del movimento. “Quando vai a toccare l’orticello di qualcuno, questo si adira”, afferma, evidenziando il conflitto tra l’interpretazione artistica e gli interessi commerciali. La sua posizione di curatore, che non si occupa di autentiche, lo mette in una posizione neutrale, ma suscita anche malumori tra coloro che vedono il Futurismo come un’opportunità di guadagno.

In sintesi, Raffaele Simongini si propone come un custode del Futurismo, difendendo l’integrità del movimento e cercando di distaccarlo dalle strumentalizzazioni politiche e commerciali. La sua visione è quella di un Futurismo che appartiene a tutti, un patrimonio culturale che deve essere celebrato e preservato al di là delle divisioni ideologiche. La mostra “Il Tempo del Futurismo” rappresenta un’opportunità per riconsiderare questo movimento artistico, non solo nel suo contesto storico, ma come parte integrante dell’identità culturale italiana contemporanea.

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