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Filippo graviano rimane in carcere duro nonostante la dissociazione

Filippo Graviano, boss storico di Cosa Nostra, continua a lottare per ottenere la revoca del regime del 41 bis, il carcere duro riservato ai mafiosi, ma la sua battaglia legale ha subito un altro duro colpo. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando la decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva già respinto la sua richiesta. Graviano, condannato all’ergastolo per gravi reati, tra cui l’omicidio del beato Pino Puglisi e le stragi del 1992 e 1993, rappresenta un capitolo significativo nella storia della mafia in Italia.

La dissociazione di Graviano

Tre anni fa, Graviano ha firmato una dichiarazione di dissociazione dalla mafia, ma non ha collaborato con la giustizia. Questa ammissione, insieme alle sue affermazioni di aver interrotto ogni contatto con il fratello Giuseppe e di essersi dedicato allo studio, non ha convinto i giudici. Graviano ha vantato un comportamento regolare durante la detenzione, che dura dal 1994, ma la Corte ha ritenuto che esistano ancora contatti con il clan di appartenenza, mantenuti attraverso familiari.

Le argomentazioni della Corte

La Corte ha evidenziato il “pericolo del ripristino” del ruolo criminale di Graviano. Nella sentenza del 14 ottobre, i giudici hanno sottolineato che la sua ricostruzione della storia criminale non fosse convincente e si basasse su sentenze assolutorie, minimizzando l’importanza delle condanne ricevute. Graviano ha contestato la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, sostenendo che la finalità rieducativa della pena non dovrebbe essere annullata dal regime penitenziario differenziato.

Il regime del 41 bis e il suo impatto

Il 41 bis è una misura controversa, introdotta per combattere la mafia. Essa prevede severe restrizioni, limitando i diritti dei detenuti e rendendo quasi impossibile ogni contatto con l’esterno. Le autorità ritengono che sia necessario per prevenire il ripristino delle attività mafiose e garantire la sicurezza pubblica. La decisione della Cassazione di mantenere Graviano al 41 bis rappresenta un chiaro segnale della volontà dello Stato di non abbassare la guardia di fronte ai pericoli ancora presenti nel panorama mafioso italiano.

Le prossime mosse legali di Graviano non sono ancora chiare, ma è evidente che il percorso per una revisione del suo regime carcerario sarà lungo e complesso. La sua storia mette in luce le sfide che il sistema penale affronta nel trattare casi di alto profilo legati alla mafia e la necessità di un approccio equilibrato che tuteli sia i diritti dei detenuti sia la sicurezza della società.

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