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Dopo decenni, le placche in argento riemergono a Brindisi

La restituzione delle placche in argento a Brindisi

Dopo 44 anni di assenza, le due placche in argento di origine napoletana, risalenti al XVIII secolo, sono finalmente tornate a Brindisi. Questo straordinario evento segna un’importante vittoria nella lotta contro il traffico di beni culturali e rappresenta al contempo un momento di grande emozione per la comunità brindisina. Le placche, rubate dalla cattedrale di Brindisi nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1980, sono state restituite all’arcivescovo di Brindisi-Ostuni, mons. Giovanni Intini, grazie all’intervento dei carabinieri del comando tutela patrimonio culturale (Tpc).

Il ritrovamento inaspettato

Il ritrovamento delle placche è avvenuto in modo piuttosto inaspettato. Lo scorso anno, durante una trasmissione televisiva, i carabinieri hanno notato delle caratteristiche specifiche delle placche in vendita. Non solo la qualità della lavorazione e i dettagli delle raffigurazioni religiose hanno attirato la loro attenzione, ma anche la conoscenza della storia di questi oggetti preziosi, che avevano subito un furto così clamoroso. Da lì, è scattata un’indagine più approfondita, che ha coinvolto anche la consultazione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti.

Importanza culturale delle placche

Le indagini hanno confermato che le placche in vendita corrispondevano esattamente a quelle rubate 44 anni fa. “I preziosi manufatti artistici facevano parte di un paliotto che, nella parte centrale, presentava la figura della Madonna, affiancata da san Pelino e san Leucio“, hanno spiegato i carabinieri. La presenza di fori agli angoli delle placche ha fornito ulteriore prova che questi oggetti erano ancorati alla struttura di supporto del paliotto, evidenziando la loro importanza all’interno della cattedrale.

Significato simbolico per la comunità

Il colonnello Leonardo Acquaro, comandante provinciale dei carabinieri di Brindisi, ha sottolineato che le placche non hanno solo un valore economico, ma rappresentano un profondo significato simbolico per l’identità culturale della città. Questa restituzione è quindi un momento di grande significato, non solo per l’arcidiocesi, ma per l’intera comunità brindisina, che vede tornare a casa un pezzo della propria storia e della propria tradizione.

L’importanza del monitoraggio

Le operazioni di monitoraggio delle piattaforme online e delle aste, condotte dai carabinieri, sono state fondamentali per il ritrovamento di queste opere. Il comandante del nucleo Tpc di Cosenza, Giacomo Geloso, ha elogiato il lavoro certosino e ha descritto questo successo come un esempio di eccellenza nel campo della tutela del patrimonio culturale. La restituzione delle placche è un segnale tangibile che le forze dell’ordine sono impegnate attivamente nella salvaguardia della cultura e della storia italiana, in un contesto in cui il traffico di beni culturali rappresenta una delle sfide più importanti da affrontare.

Speranze per il futuro

Tuttavia, nonostante questo lieto fine, ci sono ancora ferite aperte. Mons. Giovanni Intini ha fatto riferimento agli argenti rubati un anno fa dal museo di San Paolo, che non sono stati ancora ritrovati. Le parole dell’arcivescovo esprimono la speranza della comunità di vedere tornare a casa anche questi beni preziosi, simboli di una tradizione artistica e culturale che merita di essere preservata e valorizzata.

Un invito alla responsabilità collettiva

La restituzione delle placche in argento costituisce quindi un significativo passo avanti nella lotta contro il furto di opere d’arte e il patrimonio culturale. Essa rappresenta un invito per la comunità e per le istituzioni a rimanere vigili e attive nel proteggere il proprio patrimonio, affinché la storia e la cultura non vengano mai dimenticate o disperse. Con questo gesto, Brindisi riacquista non solo un pezzo della sua storia, ma anche un richiamo alla responsabilità collettiva nella salvaguardia di ciò che rappresenta l’essenza culturale e spirituale della città.

Stefania Palenca

Da sempre nutro una forte curiosità per le vicende passate e le tracce che hanno lasciato nel nostro presente. Ho scoperto presto che nulla racconta una storia meglio dei muri di un'antica cattedrale o delle pennellate su una tela impolverata. Mi sono laureata in Storia presso l'Università di Catania, un percorso accademico che mi ha permesso di immergermi nei racconti e nei segreti di questa meravigliosa isola. Durante gli studi, ho perfezionato le mie competenze con un master in Conservazione dei Beni Culturali, comprendendo ancor di più l'importanza di preservare queste ricchezze per le generazioni future. Attraverso i miei articoli, esploro non solo i grandi siti turistici, ma anche i piccoli gioielli meno conosciuti che celano storie straordinarie e avvincenti. Porto i lettori in un viaggio attraverso l'arte e l'architettura, dall'epoca greca a quella normanna, passando per i fasti del Barocco siciliano. Quando non sono impegnata nella ricerca o nella scrittura, mi piace camminare per le vie dei centri storici, partecipare a conferenze e visitare musei e gallerie d'arte. Credo fermamente che ogni pietra, ogni dipinto e ogni edificio abbia una storia da raccontare, ed è mio compito dare voce a queste storie. Vi invito a seguirmi nel mio viaggio attraverso la Sicilia, scoprendo insieme le meraviglie artistiche e architettoniche che hanno modellato la nostra identità culturale

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