Nel cuore della Sardegna, all’interno della casa di reclusione Salvatore Soro di Oristano, si prepara un evento che promette di unire arte e riflessione sociale in un contesto unico e significativo. Domani, venerdì 15 novembre, i detenuti del circuito dell’alta sicurezza diventeranno protagonisti di una pièce teatrale intitolata “Gramsci spiegato a mia figlia”. La regia è affidata a Paolo Floris, un talento sardo che ha dedicato la sua carriera alla valorizzazione della narrazione e dell’arte affabulatoria.
La rappresentazione non è solo un momento di svago, ma è il culmine di un laboratorio teatrale, “#gramscispiegatoamiafiglialab”, che ha avuto luogo nel corso del 2024 all’interno del carcere. Questo progetto ha coinvolto quindici detenuti che frequentano le classi degli istituti di formazione superiore presenti nel penitenziario, in particolare l’istituto tecnico Lorenzo Mossa e il liceo artistico Carlo Contini. Il laboratorio è stato finanziato dall’Associazione ‘Per Antonio Gramsci’ di Ghilarza e dall’Associazione culturale ‘Pane e Cioccolata’, in collaborazione con i due istituti scolastici e il personale educativo della struttura.
La figura di Antonio Gramsci, intellettuale e politico italiano, è centrale in questo progetto. Floris, nel corso delle prove, ha guidato i detenuti nella scoperta della vita e del pensiero di Gramsci, affrontando temi di grande rilevanza come l’importanza della cultura, la partecipazione attiva alla vita sociale e l’impegno contro le ingiustizie. Come spiega il regista, l’attività ha avuto un impatto profondo sui partecipanti, arricchendo il loro bagaglio culturale e promuovendo una riflessione critica sul loro vissuto. La possibilità di confrontarsi con i pensieri di Gramsci ha indotto in loro una crescita personale, sia dal punto di vista intellettuale che etico.
Il progetto teatrale non si limita alla semplice messa in scena di un’opera, ma si propone come un vero e proprio strumento di riabilitazione e reinserimento sociale. Attraverso il teatro, i detenuti hanno l’opportunità di esprimere le loro emozioni e storie, creando un ponte tra la loro realtà e il mondo esterno. Il teatro diventa così un mezzo per dare voce a chi spesso è silenzioso e per costruire un dialogo con la comunità.
La scelta di “Gramsci spiegato a mia figlia” come titolo dello spettacolo non è casuale. L’opera non è solo una narrazione biografica, ma un modo per rendere accessibili le idee di Gramsci a un pubblico più ampio. La potenza comunicativa del teatro permette di trattare temi complessi in modo coinvolgente, avvicinando anche coloro che potrebbero essere distanti dalla filosofia politica o dalla cultura classica.
Paolo Floris, classe 1985 e originario di Paulilatino, è un artista con un percorso formativo ricco e variegato. Cresciuto artisticamente sotto la guida di nomi noti come Giancarlo Sammartano e Ascanio Celestini, ha sempre avuto un forte interesse per l’arte della narrazione. Tra le sue opere più significative spicca “Storia di un uomo magro”, una drammatizzazione che racconta la storia di un sopravvissuto ai campi di concentramento, affrontando temi di sopravvivenza e resistenza umana.
Il teatro in carcere, come quello praticato a Oristano, è una pratica che sta guadagnando sempre più attenzione in Italia e nel mondo. Diverse ricerche hanno dimostrato come le attività artistiche possano contribuire a ridurre la recidiva e a migliorare il benessere psicologico dei detenuti. In questo contesto, “Gramsci spiegato a mia figlia” rappresenta non solo un’opportunità di espressione per i detenuti, ma anche un invito al pubblico esterno a riflettere sulla condizione carceraria e sull’importanza della cultura e dell’istruzione nel processo di riabilitazione.
La serata di domani si preannuncia come un momento di grande intensità emotiva e culturale, dove la narrazione di Gramsci prenderà vita attraverso le voci e i corpi dei detenuti. È un’occasione per tutti, non solo per gli spettatori, di confrontarsi con tematiche fondamentali della nostra società e di ricordare che dietro le sbarre ci sono storie e vite che meritano di essere ascoltate e comprese. Il teatro, in questo caso, diventa il luogo in cui si intrecciano passato e presente, cultura e giustizia, offrendo una nuova prospettiva su ciò che significa essere umani.
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