Alessandro Curioni è un nome che risuona nel mondo della sicurezza informatica, un campo in continua evoluzione e sempre più rilevante nel nostro quotidiano. La sua recente pubblicazione, “Hacker – Storia di uomini e macchine”, offre una panoramica approfondita su come la figura dell’hacker sia cambiata nel tempo, passando da un’icona di innovazione e creatività a quella di un criminale informatico. Questo saggio non solo si basa su trent’anni di esperienza di Curioni nel settore, ma si propone anche di analizzare il contesto culturale e tecnologico che ha accompagnato questa trasformazione.
Negli anni Sessanta, l’hacker era per lo più visto come un pioniere, un innovatore che utilizzava le sue competenze per migliorare i sistemi informatici. Era un periodo caratterizzato da una grande sperimentazione, in cui si credeva fermamente che la tecnologia potesse apportare cambiamenti positivi nella società. Curioni, professore all’Università Cattolica di Milano, evidenzia come questa visione ottimistica sia stata gradualmente sostituita da una percezione più oscura. Oggi, la figura dell’hacker è spesso associata a crimine, furto di dati e attacchi cibernetici, riflettendo una realtà ben diversa rispetto a quella di un tempo.
Parte del fascino del libro di Curioni risiede nella sua capacità di raccontare storie di personaggi che hanno segnato la storia dell’hacking. Da Steve Wozniak, cofondatore di Apple, a Richard Stallman, sostenitore del software libero, ci sono figure che hanno utilizzato le loro abilità per il bene comune. Tuttavia, ci sono anche hacker la cui audacia ha portato a conseguenze ben più gravi. La storia di Vladimir Levin, ad esempio, è emblematicamente rappresentativa di come l’intento di guadagno possa trasformarsi in attività criminali. Levin è noto per aver orchestrato un furto leggendario ai danni della Citybank, utilizzando tecniche di hacking per accedere ai server della banca.
Curioni sottolinea l’importanza di Kevin Mitnick, uno degli hacker più noti della storia, la cui carriera ha segnato un punto di svolta nel mondo del hacking. Mitnick, soprannominato “Condor”, ha dimostrato come la manipolazione psicologica, nota come ingegneria sociale, possa essere utilizzata per sfruttare le debolezze umane e ottenere accesso a informazioni riservate. La sua storia non solo ha ispirato un film, “Takedown”, ma ha anche messo in luce le vulnerabilità intrinseche ai sistemi informatici, che spesso sono più legate al comportamento umano piuttosto che a difetti tecnici veri e propri.
Un’altra figura che ha lasciato il segno è John Draper, che è riuscito a fare telefonate gratuite sfruttando una particolare frequenza sonora. Questo episodio, insieme a molti altri raccontati nel libro, evidenzia come il mondo dell’hacking non sia fatto solo di crimine, ma anche di ingegno e ricerca di libertà. Tuttavia, Curioni mette in guardia sulle nuove minacce che la tecnologia ha portato con sé. L’Internet delle Cose, ad esempio, rappresenta una vulnerabilità significativa. Gli oggetti connessi alla rete, sebbene possano semplificare la vita quotidiana, sono spesso poco protetti e possono diventare un facile bersaglio per attacchi informatici.
La crescente minaccia dei ransomware, che hanno evoluto in vere e proprie industrie di criminalità organizzata, è un altro aspetto preoccupante del panorama attuale. Curioni spiega che la rete, così come è stata concepita, non era destinata a supportare le attività commerciali che oggi caratterizzano la nostra vita. I sistemi di sicurezza, spesso inadeguati, non sono riusciti a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, e questo ha creato una situazione di vulnerabilità diffusa.
Riflettendo sulle recenti notizie riguardanti accessi illeciti a banche dati in Italia, Curioni evidenzia il ruolo cruciale dell’amministratore di sistema nella protezione delle informazioni sensibili. Per garantire la sicurezza dei dati, è fondamentale investire non solo in risorse economiche, ma anche in competenze e tempo. Questi sono aspetti che, secondo lui, sono stati trascurati nel corso degli ultimi vent’anni, nonostante le avvisaglie di un panorama digitale sempre più complesso e pericoloso. La storia, come affermava Mark Twain, non si ripete mai esattamente, ma tende a ripresentarsi in forme diverse, e la lezione da trarre è quella di non sottovalutare i segnali di allerta che ci circondano.
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