La situazione idrogeologica in Sicilia è attualmente caratterizzata da un paradosso allarmante: da un lato, l’estremo nord dell’isola ha subito devastanti alluvioni, mentre dall’altro, il sud è in ginocchio a causa di una siccità sempre più grave. Salvo Cocina, il capo della protezione civile regionale, ha descritto in modo eloquente questo drammatico contrasto, evidenziando i danni causati dalle recenti tempeste e la preoccupante scarsità d’acqua che affligge gran parte del territorio.
L’esempio più eclatante di questa emergenza è rappresentato dalla strada che un tempo ospitava il torrente Jungo, ora ridotto a un’arteria distrutta, con abitazioni danneggiate e un paesaggio trasformato. “Riposto raccoglie le acque della parte nord dell’Etna, mentre oggi ci troviamo di fronte a strade al posto dei fiumi e torrenti intubati che non riescono a smaltire tutta l’acqua”, ha spiegato Cocina, sottolineando il disordine idraulico che ha devastato la regione. La pioggia eccezionale ha portato a picchi di oltre 500 millimetri in sole dieci ore, ma se si considerano anche i giorni precedenti, il totale supera i 1.000 millimetri, un fenomeno senza precedenti in Europa, comparabile solo con eventi registrati a Valencia.
L’urbanizzazione eccessiva ha aggravato la situazione, con costruzioni che si sono avvicinate pericolosamente agli alvei fluviali. Questo ha messo in serio rischio la vita di molte persone, sebbene fortunatamente non ci siano state vittime. La preparazione per l’emergenza è stata giudicata insufficiente, con alcuni sindaci che non hanno dimostrato di conoscere appieno il territorio, ignorando l’esistenza di corsi d’acqua e le loro potenzialità distruttive.
Il problema dell’assetto idrogeologico è visibile attraverso frane, smottamenti e canaloni che si riempiono d’acqua. Durante l’ultima tempesta, un caterpillar è stato travolto dal fango, dimostrando la gravità della situazione. Così, la domanda sorge spontanea: come è possibile che i fiumi siano spariti nel corso degli anni per fare spazio a strade e costruzioni? Questo fenomeno non è isolato, ma è emblematico di una tendenza che ha colpito molte aree della Sicilia e dell’Italia. I fiumi, spesso caratterizzati da un regime torrentizio, hanno visto la loro acqua scorrere solo sporadicamente, ogni decennio o due, e sono stati utilizzati come vie d’accesso per le abitazioni.
Un esempio emblematico è il torrente Babbo a Torre Archirafi, intubato in un tunnel di acciaio per chilometri, che ha causato danni notevoli a monte a causa del suo forte trasporto solido. Ma mentre il nord dell’isola si dibatte in una crisi idrica, il sud affronta una situazione altrettanto critica. Le perturbazioni che hanno causato le recenti alluvioni hanno avuto origine dal mare, senza interessare le aree interne, portando a una scarsità d’acqua nei bacini idrici di Ancipa, Fanaco, Castello e Rosamarina, fondamentali per il rifornimento delle province di Agrigento, Enna, Caltanissetta e Palermo.
Il risultato di tutto ciò è un clima sempre più imprevedibile e instabile, in cui si manifestano fenomeni estremi come alluvioni e siccità nello stesso periodo. La preoccupazione cresce per la possibilità di nuovi razionamenti dell’acqua, specialmente nei comuni già colpiti come Agrigento e Caltanissetta. Se non ci saranno precipitazioni significative nei prossimi mesi, sarà necessario prendere misure drastiche per garantire la disponibilità di acqua potabile alla popolazione.
In questo contesto critico, è fondamentale che le autorità locali e regionali riflettano sulle pratiche di gestione delle risorse idriche e sull’urbanizzazione del territorio. La prevenzione deve diventare una priorità, non solo per proteggere le vite umane, ma anche per preservare l’ambiente e garantire un futuro sostenibile per la Sicilia. È essenziale ripensare la relazione tra l’uomo e il suo ambiente, riconoscendo l’importanza dei corsi d’acqua e delle risorse naturali, affinché eventi simili non si ripetano in futuro.
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