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Cilian murphy ed emily watson raccontano gli orrori degli istituti magdalene

Cillian Murphy ed Emily Watson, due talentuosi attori, sono protagonisti del film “Piccole cose come queste”, che mette in luce uno dei capitoli più bui della storia irlandese: le Magdalen Laundries. Questi istituti, gestiti da istituzioni cattoliche, avevano l’intento di “riformare” giovani donne, ma si sono rivelati luoghi di abusi e violenza sistematica. La pellicola, presentata al 74esimo Festival di Berlino e in uscita nelle sale italiane il 28 novembre, offre un ritratto inquietante di un’epoca in cui le donne venivano perseguitate per la loro condizione sociale, sessualità o per non conformarsi ai rigidi canoni del tempo.

La trama di “Piccole cose come queste”

Nel film, Cillian Murphy interpreta Bill Furlong, un commerciante di carbone di cinquant’anni che vive in un piccolo paese irlandese. La sua vita, apparentemente tranquilla, è segnata da una profonda malinconia legata al suo passato. Bill, sposato con Eileen e padre di cinque figlie adolescenti, si imbatte in Sarah, una giovane donna in fuga dall’istituto diretto dalla carismatica e temibile Suor Mary, interpretata da Emily Watson. Questo incontro innesca una serie di eventi che costringeranno Bill a confrontarsi con la realtà degli orribili abusi che avvengono dietro le porte di quel luogo.

La storia delle Magdalen Laundries

Le Magdalen Laundries sono state attive in Irlanda dal 1820 fino al 1996, rappresentando un capitolo tragico della storia del paese. Questi istituti accoglievano giovani donne considerate “perse” o “sbagliate”, spesso per motivi banali come una gravidanza indesiderata o la povertà. Le donne venivano rinchiuse in queste strutture e sottoposte a:

  1. Lavori forzati
  2. Umiliazioni
  3. Violenze fisiche e psicologiche

L’ideologia che sosteneva queste istituzioni era profondamente radicata in una visione patriarcale e religiosa, che giustificava il controllo delle donne come una necessità per mantenere l’ordine sociale.

La performance di Emily Watson e il messaggio del film

La performance di Emily Watson nei panni di Suor Mary ha ricevuto ampi consensi dalla critica, tanto da valergli il premio come miglior attrice non protagonista all’ultimo Festival di Berlino. La sua interpretazione riesce a catturare la complessità di un personaggio che incarna l’autoritarismo e la brutalità di un sistema che giustificava la violenza in nome della “salvezza” delle donne. La regia di Tim Mielants, insieme alla sceneggiatura di Enda Walsh, affronta il tema con delicatezza, lasciando spazio all’immaginazione dello spettatore e rendendo la narrazione ancora più inquietante.

“Piccole cose come queste” si basa sull’omonimo libro della scrittrice irlandese Claire Keegan, che ha dedicato la sua carriera a esplorare le complessità delle relazioni umane e le ingiustizie sociali. La sua opera offre uno spaccato della vita quotidiana in Irlanda, mettendo in luce le contraddizioni di una società che si professava moralmente superiore, ma che nascondeva atrocità sotto il tappeto. Il film si inserisce in un filone di opere che denunciano le ingiustizie legate alle Magdalen Laundries, come “The Magdalene Sisters” del 2002, che ha contribuito a sollevare il velo su questa vergogna storica.

In conclusione, “Piccole cose come queste” non è solo una storia personale, ma un potente strumento di sensibilizzazione e riflessione. La collaborazione tra Cillian Murphy ed Emily Watson arricchisce ulteriormente il progetto, invitando il pubblico a non dimenticare il passato e a lottare per un futuro migliore. La lotta per la giustizia e la verità continua, e opere come questa sono fondamentali per mantenere viva la memoria di coloro che hanno subito in silenzio.

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