Il quartiere di Brancaccio a Palermo è un simbolo della mafia siciliana, un’area dove si intrecciano storie di potere, affari illeciti e una continua ricerca di controllo da parte dei clan. Recenti sviluppi hanno riacceso i riflettori su questo territorio, rivelando una continuità tra le vecchie e nuove generazioni di boss mafiosi. In particolare, l’arresto di Gaetano Savoca ha messo in luce un legame diretto con il passato mafioso di Brancaccio.
Figlio di Pino Savoca, un tempo capo mandamento e attualmente ergastolano, Gaetano ha ereditato non solo il nome ma anche un retaggio di affari mafiosi che sembrano non conoscere fine. Il suo cognato, Andrea Adamo, che ha preso il comando della cosca dopo Giuseppe Graviano, è anch’esso nuovamente in carcere per reati legati alla mafia, avendo ricevuto una condanna di cinque anni.
Le indagini e il legame con Giovanni Ienna
Le indagini condotte dalla polizia hanno rivelato che Savoca stava cercando di recuperare denaro investito dal padre in diverse attività imprenditoriali. Secondo il pentito Filippo Bisconti, Savoca avrebbe mirato a riavere i fondi investiti da Pino Savoca presso il costruttore Giovanni Ienna, noto prestanome dei Graviano. Ienna, che ha visto confiscato un patrimonio miliardario, rappresenta un tassello fondamentale nel mosaico degli affari mafiosi, soprattutto nel settore dell’edilizia. Questo suggerisce una continuità nelle strategie di accumulo di ricchezze e potere, che affondano le radici nel passato e si proiettano nel presente.
La perpetuazione delle dinamiche mafiose
L’ombra di Pino Savoca e del suo clan si allunga su Brancaccio, evidenziando come le dinamiche mafiose si perpetuino nel tempo. Le rivelazioni di Andrea Bonaccorso, un altro collaboratore di giustizia, confermano che già nel 2008 il clan Savoca stava cercando di riprendersi gli investimenti perduti. A conferma di ciò, si fa riferimento a incontri tra Savoca e Giuseppe Arduino, un ex portiere del San Paolo, il quale, dopo aver scontato la propria pena, è tornato a occuparsi di affari mafiosi. Gli incontri avvenivano nello studio di Mario Carlo Guttadauro, dove Arduino riferiva a Savoca riguardo le operazioni criminali in corso.
Influenza nelle cooperative locali
Le indagini hanno rivelato che Savoca non si limitava a recuperare denaro, ma esercitava anche pressioni per ottenere posti di lavoro nelle cooperative locali. Un episodio emblematico riguarda Girolamo Federico, fratello di un noto ergastolano, che cercava un sindacalista per vendicarsi di presunti torti subiti dalla sua famiglia. Federico avrebbe contattato Gaetano Savoca per farsi assistere in un’operazione di influenza su assunzioni presso una cooperativa della ferrovia, dimostrando come le vecchie relazioni mafiose continuino a esercitare il loro potere.
Il 21 marzo 2022, la polizia ha registrato un incontro tra Savoca, Federico e un sindacalista presso l’ospedale Cervello di Palermo. Durante questa riunione, Federico manifestava l’intenzione di “infilare” un suo conoscente, il nipote di un amico, in un ufficio della cooperativa, promettendo guadagni fino a 4000 euro al mese. Questi eventi evidenziano come il crimine organizzato continui a prosperare in ambiti lavorativi, sfruttando le vulnerabilità del sistema e mantenendo salde le proprie radici nel tessuto sociale e occupazionale della città.
La mafia di Brancaccio, con i suoi intrecci di potere e denaro, non sembra avere intenzione di estinguersi. Le nuove generazioni, rappresentate da figure come Gaetano Savoca, si muovono su un terreno già ben battuto dai loro predecessori, riprendendo il controllo e perpetuando pratiche illecite che, sebbene sotto nuove vesti, ricalcano una storia ben radicata. La mafia, così, continua a scrivere il proprio copione, con attori che si susseguono nel tempo ma con un copione che rimane inalterato, dove la ricerca di potere e denaro si mescola con la violenza e l’intimidazione.
In questo contesto, è fondamentale che le istituzioni e la società civile restino vigili e attive nella lotta contro la mafia, per interrompere questa catena di continuità che sembra non avere fine. La consapevolezza e la denuncia di queste dinamiche possono rappresentare un primo passo verso un futuro in cui Brancaccio e, più in generale, la Sicilia, possano liberarsi dall’oppressione mafiosa e costruire una società più giusta e sana.